Perché Fedora?
Perché Fedora è l'utopia, il desiderio che non si realizza. Allora si può parlare ancora di utopia oggi e proprio oggi? Sì! Ne abbiamo un gran bisogno. Perché tra la città reale e quella ideale c'è una via di mezzo che è di gran lunga migliore delle città di oggi. Ed ecco perché mi piace pensare a una città "mutevole", con una forma fisica sempre variabile, capace di adattarsi per contraddire quello che non funziona nell'oggi. Per questo l'ho immaginata tra le nuvole "Utopica", la mia città ideale. Al centro di Fedora, metropoli di pietra grigia, sta un palazzo di metallo con una sfera di vetro in ogni stanza. Guardando dentro ogni sfera si vede una città azzurra che è il modello di un’altra Fedora. Sono le forme che la città avrebbe potuto prendere se non fosse, per una ragione o per l’altra, diventata come oggi la vediamo. In ogni epoca qualcuno, guardando Fedora qual era, aveva immaginato il modo di farne la città ideale, ma mentre costruiva il suo modello in miniatura già Fedora non era la stessa di prima, e quello che fino a ieri era stato un suo possibile futuro ormai era solo un giocattolo in una sfera di vetro.
Fedora ha adesso nel palazzo delle sfere il suo museo: ogni abitante lo visita, sceglie la città che corrisponde ai suoi desideri, la contempla immaginando di specchiarsi nella peschiera delle meduse che doveva raccogliere le acque del canale (se non fosse stato prosciugato), di percorrere dall'alto del baldacchino il viale riservato agli elefanti (ora banditi dalla città), di scivolare lungo la spirale del minareto a chiocciola (che non trovò più la base su cui sorgere). Nella mappa del tuo impero, o grande Kan, devono trovar posto sia la grande Fedora di pietra sia le piccole Fedore nelle sfere di vetro. Non perché tutte ugualmente reali, ma perché tutte solo presunte. L’una racchiude ciò che è accettato come necessario mentre non lo è ancora; le altre ciò che è immaginato come possibile e un minuto dopo non lo è più. (Italo Calvini, Le città invisibili) |
Utopica non ha fissa dimora né fissa struttura. E' una città "mutevole", con una forma fisica sempre variabile, capace di adattarsi per contraddire ciò che non funziona nell'oggi. Il suo suolo galleggiante è appoggiato sulle ali di grandi uccelli. Le sue strutture sono costruite con mattoni vegetali che respirano e germogliano, assumendo la forma dei nostri desideri.
Non è la città del futuro, quindi, ma quella del desiderio. Chi non ha immaginato, almeno una volta nella vita, un luogo diverso dal quotidiano? Un rifugio, lontano, dove lo stato di equilibrio, tra noi e ciò che ci circonda, sia realmente naturale. In un paesaggio, quello nostro, saturo di costruito, l'unico posto libero per realizzarla resta in alto nel cielo, dove potrà anche essere trasportata da una nuvola all'altra. In realtà, se non tra le nuvole, almeno che sia costruita il più possibile vicina al nostro bisogno. E questa è la sfida. |